L’utilizzo delle chat su WhatsApp come prove in sede giudiziaria è un argomento di grande interesse e con delle importanti particolarità.
Nell’era digitale, strumenti di comunicazione come i social media e WhatsApp hanno reso più semplice il contatto tra le persone. Tuttavia, questa facilità di comunicazione ha anche un rovescio della medaglia: consente a individui sconosciuti e potenzialmente pericolosi di inviarci messaggi indesiderati. Fortunatamente, questi stessi messaggi possono essere utilizzati come prove difensive nelle sedi giudiziarie appropriate.
Quali le conversazioni si trasformano in veicolo di minacce e stalking, sorge la questione dell’ammissibilità di tali messaggi in sede giudiziaria. È importante imparare a non sottovalutare problemi di questo tipo e conoscere tutte le risorse a nostra disposizione per bloccare i comportamenti abusivi degli altri, prima che diventino un problema per noi.
I messaggi di stalking possono essere una prova, ma tutto dipende dal caso specifico
Nel panorama legale italiano, la questione dell’ammissibilità delle chat su WhatsApp come prove in tribunale ha suscitato un interesse crescente. Come spiegato dal rinomato portale in materia “La legge per tutti”, secondo l’orientamento recentemente adottato dalla Cassazione, i messaggi scambiati tramite questa piattaforma possono effettivamente essere acquisiti come prova nei procedimenti legali.
La Cassazione ha chiarito che tali messaggi sono considerati dei normali documenti ai sensi del codice di procedura penale, pertanto, possono essere acquisiti nel processo mediante riproduzione fotografica. È importante sottolineare che, nonostante la loro natura elettronica, le chat su WhatsApp sono equiparate agli scritti tradizionali in termini di valore probatorio.
Questo significa che, teoricamente, uno screenshot delle conversazioni può essere presentato in tribunale. Il condizionale, però, è d’obbligo, perché è altrettanto importante notare che nel contesto del processo civile, l’ammissione di prove “atipiche” è rimessa alla discrezione del giudice, e quindi potrebbe essere oggetto di contestazione da parte della controparte.
Nel corso di un processo, la parte avversa potrebbe sollevare obiezioni riguardo all’ammissibilità o all’affidabilità degli screenshot di chat. Per mettere in discussione il valore probatorio di tali prove, è necessario sollevare dubbi sulla loro autenticità o accuratezza, un discorso che diventa ancora più complesso alla luce delle possibilità di falsificazione offerte dalle nuove tecnologie.
La Cassazione ha sottolineato che l’opposizione alla presentazione di uno screenshot non è sufficiente per escluderlo come prova, ma è necessario dimostrare al giudice che vi sono validi motivi per dubitarne.