Fin dall’antichità gli esseri umani hanno sempre immaginato cosa si potesse fare per ottenere l’immortalità. Di recente sembra che sia stato trovato l’antidoto perfetto.
Il concetto di immortalità affascina gli umani da secoli. Perciò, una famosa rivista scientifica ha deciso di fare un esperimento sociale: chiedere a 2.026 adulti del Regno Unito cosa farebbero se qualcuno trovasse un antidoto per l’immortalità. Sorprendentemente, solo uno su cinque accetterebbe di diventare immortale. In altre parole, la maggior parte degli intervistati preferirebbe più morire in modo naturale da anziano, che accettare l’immortalità. Forse, ciò che spaventa di più è proprio l’idea di vivere per sempre e di superare i limiti umani.
E’ incredibile pensare che questo pensiero, fuoriuscito dagli intervistati britannici, sia molto simile al pensiero dei filosofi dell’antica Grecia. Infatti, Socrate insegnava a rispettare i limiti umani e a non andare contro la natura.
L’antidoto per non morire
In natura esiste un fungo molto pericoloso, considerato il più letale al mondo. Il 90% delle persone che muoiono assaggiando un fungo velenoso, hanno mangiato il temibile Amanita phalloides. Quest’ultimo è un fungo pericolosissimo e, purtroppo, talvolta viene scambiato per un fungo innocuo durante la raccolta, soprattutto da chi non è un grande esperto in materia. Per fortuna è giunta una notizia incoraggiante: è stato trovato un antidoto. Si tratta di una sostanza approvata in precedenza dalla FDA, e che viene normalmente utilizzata in ambito medico.
Ma cosa avviene quando si mangia questo fungo? I sintomi arrivano molto lentamente, dopodiché sopraggiunge un’intossicazione. Alcune ore dopo arrivano i dolori gastrointestinali, i quali vanno via entro pochi giorni. Pertanto, la scomparsa dei dolori illude il paziente, perché gli fa credere che sia tutto passato. In realtà, proprio in quel momento le tossine del fungo stanno iniziando a divorare il fegato, e alcune volte possono danneggiare anche i reni. Quindi, se non si interviene subito si rischia un’insufficienza epatica e renale in un tempo molto breve, le quali portano ad una inevitabile morte.
Gli scienziati, dopo aver scoperto l’antidoto più adatto, hanno fatto degli esperimenti sugli umani e sui topi. Inizialmente, si sono concentrati sugli organoidi del fegato dei topi, osservando un’alta resistenza alla morte cellulare. Dopodiché hanno compiuto il medesimo esperimento sui topi vivi, iniettando dapprima una tossina e 4 ore dopo l’antidoto. I risultati sono incoraggianti, poiché gli organi dei topi sono apparsi più sani rispetto agli organi non trattati con l’antidoto. E non solo: c’è anche una maggiore probabilità di sopravvivenza. Tuttavia, gli scienziati affermano che l’antidoto deve essere utilizzato entro 8/12 ore, da quando è stato mangiato il fungo, altrimenti i danni agli organi diventerebbero irreversibili.