Il mondo dei Videogiochi, oramai da qualche anno, è letteralmente esploso in Italia, in senso positivo e negativo: ci hanno pensato gli smartphone e quel neologismo di uso corrente, racchiuso nel “verbo” shoppare.
La Gen Z ha esasperato all’inverosimile l’italianizzazione di termini inglesi: normale parlare o scrivere usando dire killare, coniugato pure nel modo e nel tempo del nostro verbo, utilizzato per dire semplicemente uccidere. E’ un linguaggio nato sui social, dagli influencer (o Youtuber) che si diffonde tra i giovani, sempre più abituati a guardare tutorial o segreti dei giochi dai loro idoli sul web. Con tutto ciò che ne consegue.
Shoppare sta a significare semplicemente comprare online. Ma siamo ben oltre il comprare online un gioco, che negli anni ’90 si acquistava per due soldi e finiva dentro un floppy disk: bastava un masterizzazione, et voilà il gioco era fatto. Tutto ne usufruivano. Molto spesso gratuitamente, o al massimo la spesa riguardava il floppy disk, un dvd al massimo. Sembra preistoria, ora è tutto diverso.
Al giorno d’oggi il gaming è diventato un’industria molto fiorente. E se da un lato esultato sviluppatori e creatori, dall’altro sono preoccupati i genitori. Sì, perché oggigiorno si shoppa praticamente per qualsiasi gioco, soprattutto quelli che si scaricano gratis. Qualsiasi upgrade lo paghi: poco, pochissimo. Che diventa tanto, tantissimo, considerando gli infiniti upgrade che servono a migliorare il nostro eroe, la nostra navicella, i nostri robot e i nostri guerrieri. E chi più ne ha più ne metta.
A tutto questo si devono aggiungere i giochi su console, che paradossalmente evidenziano un mercato stabile nel settore generalista del gaming: è identificata in poco più di due miliardi di euro la spesa degli italiani per i videogame. In leggero ribasso le shoppate per i titoli, non si arriva a due miliardi di euro, con un calo dello 0,5% rispetto al 2021. Ma c’è chi sta andando peggio.
E’ il segmento dell’hardware per il quale, sempre tenendo conto degli ultimi dati relativi al 2022 rivelati da Il Sole 24 Ore, sono stati spesi 409 milioni con una flessione del 7,7%. I motivi vanno ricercati sicuramente in quel gaming su smartphone che va per la maggiore, soprattutto fra i ragazzi, ma più in generale dalla mancanza di prodotto, soprattutto per le Xbox Series X/S e la Playstation 5, quest’ultima merce rara per molto, troppo tempo, a causa della carenza di chip.
Certo, l’effetto pandemia che ha devastato il mercato dei chip non è ancora terminato, così tanto per restare in tema, i due modelli di Ps5 hanno visto un rincaro di 50 euro in autunno. Se il mondo dell’hardware piange, quello dei software non ride: in calo anche le vendite per console e PC da gaming (-1,7%) e app (-1,3%), insieme valgono l’84,3%. Tutto e il suo esatto contrario, però, pensando ai titoli pacchettizzati, su disco, che valgono un settimo del mercato e crescono del 5,2%. Il mondo del gaming funziona così.
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