Dopo il lancio del 16 novembre della prima missione del programma Artemis la NASA punta già ai prossimi lanci, Artemis II e III. Con tanto entusiasmo si pensa già di costruire una stazione lunare per permanenze più lunghe sul satellite. Non è più fantascienza?
Il sogno della Luna è tornato
Il lancio del 16 novembre ha dato il via al programma Artemis e anche se la navicella aveva a bordo solo dei manichini in molti si sono attaccati al PC per seguire ogni dettaglio. Nonostante gli anni sessanta siano lontani e già degli uomini abbiano camminato sul satellite della Terra il fascino della Luna non accenna a diminuire neanche ora.
Ora che la capsula Orion è finalmente in orbita la NASA non ha perso tempo e sta già programmando le prossime missioni, Artemis II e Artemis III. Quest’ultima è prevista per il 2026 e a differenza di quanto accaduto decenni fa non si tratterà di una toccata e fuga. Anzi, si punta addirittura a costruire un’intera stazione spaziale fissa sul suolo lunare, chiamata Lunar Gateaway.
Una frontiera che era impensabile dopo l’ultima missione del 1972, ma che sarà comunque un punto di passaggio per quello che ora è il reale obiettivo a lungo termine della NASA. Ossia riuscire a mandare degli astronauti sul Pianeta Rosso per compiere studi in prima persona, a meno di ripensamenti.
La “safety culture” funzionerà?
Negli anni più recenti alla NASA si è sviluppata sempre di più una forma di cultura della sicurezza che per le missioni spaziali richiede di trovare un equilibrio con quelli che sono i rischi inevitabili. Vale a dire una volta superato il lancio contare il rischio che la comunicazione salti come avvenuto anche se per poco con la capsula Orion.
Oppure che avvengano dei guasti al motore o al sistema di raffreddamento, o ancora a quello di supporto vitale. Del resto motivi simili hanno portato a rimandare più volte il lancio di Artemis I. Ma per la Luna si può ancora contare sull’esperienza sviluppata dalle missioni passate che comprendevano un equipaggio.
Per Marte la questione è molto più complessa, dato che gli astronauti richiedono molte più risorse di un robot per restare in buona salute. E il supporto di emergenza potrebbe servire a poco con una distanza simile.
🔴 FONTI: www.msn.com