Una ricerca condotta da una famosa organizzazione per la salute mentale rivela dei dettagli sconcertanti relativi ai gamer. Pare infatti che chi sceglie una carriera nel mondo del gaming sia più portato a pregiudizi come il razzismo e il sessimo.
Videogiochi e salute mentale
Sui videogiochi psicologi, psicoterapeuti e pedagoghi sono da sempre in conflitto. Per alcuni si tratta di esercizi mentali che aumentano i riflessi e la coordinazione, per altri motivo di preoccupazione per la psicologia dei giocatori. Non è facile raggiungere un equilibrio fra questi due estremi nonostante le numerose ricerche svolte. Anzi, la materia continua a restare controversa.
Uno degli ultimi studi in ambito è stato svolto da Take This, un’organizzazione dedicata al supporto per la salute mentale dei gamer e di chi lavora nell’industria dei videogiochi. Si tratta di un’indagine svolta su un campione di 300 videogiocatori professionisti e che ha voluto sondare i loro atteggiamenti e approcci verso la comunità.
Quello che ne è venuto fuori non è affatto positivo. Pare infatti che le comunità dei gamer siano il terreno ideale per coltivare diversi pregiudizi. Fra questi anche idee a sfondo razzista se non anche sessista, che tendono a svilupparsi spesso in gruppi isolati e chiusi.
La Toxic Game Culture
A condurre lo studio è stata una famosa ricercatrice che da anni studia gli effetti del settore ludico digitale, Rachel Kowert. Proprio lei ha dato il nome al fenomeno della Toxic Game Culture, un atteggiamento chiuso e quasi bellicoso verso la società tipico di certe comunità di gamer.
Dalla sua descrizione però pare che il ruolo principale in questi risvolti negativi lo abbiano proprio i gruppi, non tanto i contenuti dei videogiochi. In sintesi non è che chi ama le saghe di sparatutto sia per forza misogino o razzista, ma la sensazione di appartenenza a comunità poco sane può portare a idee estremiste. Tutti i gruppi estremisti del resto sono caratterizzati da una forte identità comune, fenomeno esplorato anche nel film tedesco “Die Welle”.
Secondo la Kowert, le community dei gamer sono luoghi dove è possibile che determinati individui cerchino nuovi adepti per le loro corrente di pensiero. Lo studio ha indagato soprattutto due di queste realtà, ossia Call of Duty e Minecraft. Le dinamiche osservate in questi casi però sono ridondanti in tutte le altre.
🔴 FONTI: www.vice.com