Amazon ha deciso di chiudere non solo con gli acquisti digitali tramite l’app di Android, ma di estendere la cosa al servizio Prime Video. La nuova politica che Google ha attivato sul suo Play Store non è stata gradita e ora si dovrà usare il browser.
Non sono solo le app di incontri a volersi prendere una rivincita da Google e a non accettare le condizioni imposte sul Play Store. Ora a rivedere la collaborazione è nientemeno che Amazon, in forte disaccordo con le nuove commissioni.
Il colosso di Mountain View pretende infatti che ogni acquisto in-app per applicazioni scaricate dal suo store sia sottoposto a una tassa del 30%. Non esattamente economico, come si dice. Soprattutto perché vale per ogni azienda che fatturi più di un milione all’anno.
Già ad inizio maggio non era più possibile effettuare acquisti dall’app Android, ma ora l’azienda di Jeff Bezos ci andrà coi piedi di piombo. In altre parole l’alienino verde dovrà salutare anche il servizio Amazon Prime Video.
Per essere più specifici non sarà più possibile acquistare o noleggiare contenuti dalla piattaforma senza usare il browser. Bisognerà accedere dal sito ufficiale, sia tramite smartphone che dall’applicazione per la SmartTV. La limitazione compare sull’ultimo aggiornamento dell’applicazione di Amazon Prime Video sui dispositivi Android.
Acquisti in-app
Sia per Amazon Shopping che per Prime Video comparirà la stessa dicitura al momento del tentativo di acquisto. Vale a dire “acquista su Amazon.com” con tanto di link per poter completare l’acquisto. Nel caso del servizio streaming, compare una finestra che blocca la schermata e riporta le istruzioni per accedere al media. Queste rimandano a loro volta al sito di Amazon.
Le commissioni imposte da Google si ripercuotono anche sui servizi di abbonamento. Match Group ha mosso causa al colosso tech proprio perché chi si fosse abbonato avrebbe dovuto spendere il 15% in più rispetto al prezzo originale. Oltre ai contenuti da noleggiare o acquistare quindi anche Amazon Prime Video vedrebbe questa commissione al momento della sottoscrizione al servizio.
Nessuna delle aziende che padroneggiano su Play Store in effetti pare d’accordo. Anche Spotify ha tentato di richiedere i pagamenti esternamente alle app per evitare le commissioni. Google su questo ha fatto una piccola retromarcia abbassando la tassa al 10% per i fornitori di musica o di file ebook.