Ci sono venti di tempesta che agitano i rapporti tra il governo cinese e quello europeo, e la pietra dello scandalo sarebbe un comportamento commerciale scorretto
Si apre un nuovo capitolo nei rapporti non troppo distesi tra la Cina e la comunità internazionale. Questa volta sotto accusa sono finite le politiche nazionali cinesi. Soprattutto quelle legate alla proprietà intellettuale dei brevetti e alla gestione delle licenze.
Il tema caldo di questa appropriazione indebita è la tecnologia, e specialmente quella dei sistemi di di rete mobile 3G, 4G e 5G. Sistemi fondamentali per i meccanismi di connettività e soprattutto cuore pulsante delle settore delle telecomunicazioni, smartphone e device che si appoggiano al traffico dati.
A portare in causa il governo di Pechino è proprio la Commissione Europea, che facendosi scudo dell’ Organizzazione mondiale del commercio (WTO), accusa i paese di aver impedito, alle aziende europee del settore tech, di proteggere i loro diritti sui brevetti definiti essenziali standard.
Il pasticcio cinese sulle licenze dei brevetti mai ceduti in concessione e l’intervento dell’ Organizzazione mondiale del commercio
Sul piatto della bilancia ci sono però in ballo delle scelte ben precise. E’ dal 2020 infatti che la Cina ha stabilito una politica conservazionista molto peculiare. E’ stabilito infatti che i tribunali del paese hanno, secondo la normativa vigente, il pieno diritto di vietare ai titolari di brevetti di rivolgersi ai giudici di altri paese. Questo tramite una sorta di clausola capestro. Un’ingiunzione anti-querela che punisce i trasgressori con multe che potrebbero raggiungere cifre salatissime, fino a 130 mila euro.
In realtà, secondo il punto di vista della Commissione Europea, si tratterebbe in sostanza di un’applicazione coercitiva del potere. Che in sostanza lega le mani alle società del vecchio continente del settore high-tech, impedendo di difendere i diritti legati alla tencologia da loro prodotta.
E questo a discapito non solo delle singole realtà ma anche della crescita economica del vecchio continente e dei governi che ne fanno parte. Ora però sarà la WTO a farsi carico dell’istanza sottolineata dall’UE, che pretende risposte chiare ed una regolamentazione basata sul diritto internazionale.