Cos’è web3? Sarebbe in prole strette il “futuro di internet”,un sistema altamente decentralizzato e basato tutto sulla blockchain.Ma, non tutti sono convinti, anzi sta creando molte preoccupazioni
il 2021 è stato sicuramente segnato dall’arrivo delle criptomonete, blockchain e web3, che sono definitivamente usciti dall’ombra che li conteneva, facendosi finalmente conoscere, imponendosi sul discorso pubblico che vive ancora con banconote e spicci.Non a caso Nft è stata scelta come parola dell’anno dai dizionari Collins, per non parlare della classifica di quella più ricercata. La campagna Keep the web free, say no to web3 offre tuttavia una lunghissima lista di ragioni per cui, secondo gli autori dell’articolo di Wired che stiamo andando a riportare, questo cosiddetto “futuro di internet” non farà altro che creare una società ancora più stratificata, socialmente ed economicamente, rendendola a via andare quasi obsoleta e meccanica. Ma in che senso? Partiamo con il dire che, per mantenere il valore di criptovalute e token con un certo guadagno, i progetti web3 impongono una sistema di scarsità artificiale in un mondo perennemente online, dove i contenuti sono teoricamente infiniti. O, per riportare le parole del programmatore Stephen Diehl, “stiamo passando dal mondo dell’abbondanza nel cloud computing, dove il costo del tempo di calcolo per persona era quasi ai livelli post-scarsità, al tentativo contrario di imporre una scarsità artificiale sulla risorsa più abbondante che l’umanità abbia mai creato. Questa è regressione, non progresso”.
LEGGI ANCHE: Samsung Galaxy S22, a poco dal lancio già escono le prime specifiche e sono davvero favolose
Diehl poi spiega che le reti basate sulla blockchain finiscono per costare molto di più. “Per creare un ipotetico Facebook decentralizzato ci sono diverse questioni logistiche ineludibili”, scrive poi il programmatore a Wired: “Chi pagherà per i data center globali per contenere i contenuti?Chi bandirà gli account dei nazisti? Chi eliminerà i contenuti pedopornografici? Chi reimposterà la password della nonna quando la dimentica? Gestire un’attività globale su questa scala richiede una quantità inevitabile di centralizzazione solo per il fatto duro e crudo di dover esistere e interagire con il resto della civiltà”. A preoccupare è anche il fatto che per comprendere appieno il web3, non si può leggere il foglietto illustrativo, ma c’è bisogno di una conoscenza approfondita di settori complessi come quello della finanza e del tech, e non tutti ne sanno realmente qualcosa .Bisogna davvero mettersi lì e cercare d’informarsi il più possibile,prima di usufruire di criptovalute o affini. O, perché no, affidarsi qualcuno che ne sa molto più di noi e può aiutarci.
“In economia, questo problema si chiama asimmetria informativa. Succede quando una delle parti ha delle informazioni maggiori o migliori dell’altra all’interno di una transazione di mercato. In queste circostanze, a perderci sono le persone che non hanno il tempo, l’energia, le risorse o le conoscenze per difendersi. Senza una completa comprensione di ciò su cui si sta puntando il proprio denaro, è impossibile esprimere un giudizio corretto su quale sia la cosa migliore da fare”, si legge sulla pagina di Keep the web free: “La blockchain incoraggia l’asimmetria informativa essendo densa, complicata e piena di truffatori improvvisati, e la scoraggia in parte rendendo pubbliche tutte queste informazioni difficili da comprendere”. (fonte delle dichiarazioni: Wired)
LEGGI ANCHE: Procura di Milano scopre truffa su rete Wind: addebitato costo per ogni pagina web visitata
Uno dei contro?
Mantenere la blockchain richiede un livello di potenza di calcolo che consuma serissimi quantitativi di energia: pensate che c’è chi ha acquistato intere centrali elettriche per sostenere il mining delle proprie criptovalute. Ecco perchè Elon Musk non ha più voluto usufruirne, dopo aver capito quanto esse fossero dannose per il pianeta. Secondo i calcoli del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index, questo settore ancora agli inizi consuma già più energia di molti piccoli Paesi. Quindi, ne vale davvero la pena?