Vi spieghiamo la crisi dei chip con la pasta asciutta. Cosa c’entra? Non vi resta che leggere l’articolo.
Che c’entra la pasta asciutta con la crisi dei semiconduttori?
Beh la pasta, proprio come i chip, è un bene di prima necessità. Una nel campo alimentare e gli altri nel mondo dell’elettronica.
Sta di fatto che il 2021 è uno degli anni in cui la crescita tecnologica è più accentuata, ma abbiamo carenza di un componente fondamentale per produrre i processori.
Una situazione simile l’abbiamo già vissuta durante la quarantena, ricordate? Durante la pandemia e il lock down era diventata un’impresa impossibile trovare del lievito.
Eh sì, perché oltre al singolo cittadino, ci sono anche le aziende, gli hotel o i ristoranti che vogliono accaparrarsi le ultime scorte e sono disposti anche a pagare anche un sovrapprezzo.
E in un momento di crisi, chi sta bene economicamente si arricchisce ancora di più. Chi è debole invece perisce.
La situazione, va da sé, non è per nulla semplice da risolvere.
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Focus sulla crisi dei conduttori
Ma sapete qual è il motivo principale che ha scatenato la crisi? La crisi è dovuta soprattutto al fatto che le aziende stanno facendo stockpiling, ovvero accumulano componenti che potrebbero servire in futuro.
In questi anni la richiesta di processori è aumentata, e sebbene le carenze siano fisiologiche, questa è una crisi che non è ovviamente dettata solo dall’aumento della richiesta. E’ cambiato proprio tutto: da un mercato dove esistevano i magazzini aperti 24/24, e chi voleva 100.000 controller di un certo tipo li ordinava la sera prima e li trovava il giorno dopo, ad un mercato dove ognuno ha il suo magazzino strapieno di processori, molti dei quali magari inutilizzati.
Questa crisi ha spinto in ogni caso tutti i produttori a investire su nuove fabbriche: se costruendo oggi 10 nuove fabbriche di pasta si corre il rischio di avere un surplus di produzione alla fine della crisi, con i processori difficilmente questo accadrà. Stiamo anticipando investimenti che serviranno per un futuro sempre più dipendente dai semiconduttori.
Quando i magazzini torneranno ad essere pieni di processori, perché le fabbriche potranno distribuirne sul mercato un numero adeguato a soddisfare la richiesta, la cosa tornerà alla normalità. La signora che a casa ha ancora kg di pasta, vedendo che la pasta è tornata sugli scaffali, comprerà qualche scatola di spaghetti mentre finisce le penne lisce che le sono rimaste nella credenza, e poi tornerà alla consueta spesa settimanale. Tutto, a quel punto tornerà come prima.
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Come hanno reagito alla crisi i principali colossi mondiali?
- Huawei non può più comprare o produrre processori realizzati con tecnologia americana dal 15 settembre 2020. Ha avuto 4 mesi di tempo per accumulare ogni processore possibile e lei stessa ha ammesso più volte di averlo fatto.
- Apple e altri grossi clienti hanno ovviamente un canale contrattuale privilegiato con i grossi fornitori e sono quelli che risentono meno della crisi, anche se ne risentono. A mancare sono tutti i componenti, non solo le grosse CPU.
- Tesla ha modificato nell’ultimo anno le sue vetture per aggirare il problema, e ha dimostrato di poterlo fare. Ha tolto ad esempio i radar per l’autopilot, quindi componenti in meno. Musk l’ha venduta come un passo in avanti.
- I grossi produttori di auto hanno preferito fermare la produzione piuttosto che mettere mano ad un progetto o ad un componente che magari viene fornito da una azienda terza.
- Samsung sta risentendo tantissimo della crisi lato consumer, fatica a consegnare gli smartphone, ma le sue fabbriche fanno registrare numeri da record perché per certi aspetti è più conveniente vendere ad altri. Anche se sono concorrenti.