Vi ricordate gli occhiali smart rilasciati da RayBan in collaborazione con Facebook? Ecco, ora sono “sotto accusa” per una possibile violazione di privacy.
Gli occhiali smart già sotto il mirino del Granante della Privacy. Sembrerebbe così, ma andiamo con ordine. Dalla partnership tra Facebook e RayBan Luxottica, studiata all’oscuro di tutti e rilasciata pochi giorni fa, sono nati gli occhiali smart già in pre-ordine per il continuo flusso di prenotazioni, dotati anche di funzione di registrazione, chiamata funzione Facebook View. Venerdì scorso è però intervenuto il Garante della Privacy, anche perché molti, alla lettura delle funzioni di questi fantomatici occhiali, si sono indignati e hanno urlato alla mancanza di privacy, ma nessuno ha spiegato il “perché” di questa diffidenza nei confronti di un prodotto all’apparenza poco più ingombrante, in tutti i versi, da un semplice smartphone. Da cosa è nata questa discussione?
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Che differenza c’è tra un paio di RayBan smart e un iPhone?
Non ci vuole un genio per elencare tutte le differenze tra un paio di occhiali e uno smartphone, eppure è una delle questioni che sono state messe sul piano di denuncia da parte dei cosiddetti “indignati”. A parte le ovvietà, bisogna dire che a livello di privacy, non sembrano ci siano queste differenze così abissali. Riprendete qualcuno con gli occhiali? Okay, capita. Non fate lo stesso quando fate dei video, magari da mettere du Instagram, in una strada affollata? in una spiaggia? ovunque? allora perchè su questo aspetto non ci sono indignati a carico? Il Garante privacy italiano ha allora chiesto all’Autorità Garante irlandese (DPC- Data Protection Commission) di sollecitare Facebook per avere le risposte relative ad alcuni quesiti prima che gli occhiali smart arrivino in Italia. In generale si vuole scoprire ovviamente se sono rispettate le norme privacy tanto acclamate. L’Autorità ha chiesto, in particolare (si legge in una sua nota rilasciata online):
- di conoscere la base giuridica in relazione alla quale Facebook tratta i dati personali;
- le misure messe in atto per tutelare le persone occasionalmente riprese, in particolare i minori;
- gli eventuali sistemi adottati per anonimizzare i dati raccolti;
- le caratteristiche dell’assistente vocale collegato agli occhiali.
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La funzione primaria di questi occhiali non è semplicemente la video ripresa, che fine a se stessa non sarebbe causa di danni, ma è la condivisione in internet. E’ questa quella che fa tanto discutere, ancora prima di provare questi occhiali smart. Non a caso si chiamano RayBan Stories, proprio come le “stories” che troviamo su Facebook, Instagram e WhatsApp e altre app di messaggistica. E’ questo l’elemento di pericolo che cambia tutto rispetto ad una ripresa con altri device apparentemente simili, come dei classici occhiali con videocamera interna. Ancora una volta, si addita come ricolò il social dietro ad una invenzione.